TESTIMONIANZE

Ecco gli stralci di alcune lettere in cui, coloro che l’avevano conosciuta, parlano della Fondatrice. Sono autentiche testimonianze che permettono di meglio conoscerla per sempre più fedelmente seguirla.

Céline Page aveva conosciuto la Fondatrice all’età di otto anni. Ne conservava vivo il ricordo e così raccontava:

“Conobbi la Madre quando avevo otto anni. Venne ad Aulnay con tre bambini e due suore. La chiamavano “la gran dama” perché era molto buona e tutti desideravano conoscerla. Era buona, era buona… Era alta, maestosa, con gli occhi azzurri e vivaci, ma molto dolci. Abitava al pian terreno del castello dove lavorava mia madre. In chiesa si occupava dei fanciulli. Ci faceva pregare ed ac-compagnava i nostri canti con l’armonium.
Mi ha preparato alla prima Comunione insieme alle mie compagne e compagni. Se commettevamo qualche birichi-nata, ci parlava dolcemente e la penitenza consisteva sempre in una breve preghiera ai piedi della Vergine. Per premio ci faceva fare una passeggiata sul canale e guidava lei stessa la barca. Noi eravamo felici vicino alla buona Madre.
Trattava i fanciulli con molta dolcezza e con il dialogo conduceva i più ribelli a migliori sentimenti.
Appena le giungeva all’orecchio che c’era un ammalato, andava personalmente a rendersi conto dello stato dell’’infermo. Forniva ai malati poveri tutte le medicine necessarie e raccomandava alle sue suore la massima premura.
Mio padre è stato malato sei mesi e la buona Madre non ci ha fatto mancare nulla. Noi eravamo poveri. Mia madre lavorava nei campi. Io mi occupavo dei miei fratelli e delle mie sorelle, ma la buona Madre ci fornì di tutto a sue spese.
L’amore all’Eucaristia e la bontà verso i piccoli e gli ammalati hanno fatto della gran dama una santa”.

(Céline Page)

Virginie Vivier che visse con la Fondatrice per quattordici anni, in una dichiarazione scritta di suo pugno, racconta:

“Entrata nella Congregazione al Monte San Michele, circa due anni dopo la fondazione, dichiaro di aver accompagnato durante quattordici anni la Rev.da Madre Fondatrice, Victorine Le Dieu de la Ruaudière , in religione suor Marie-Joseph de Jésus, e d’essere stata testimone oculare di tutte le persecuzioni della nascente comunità, come pure delle virtù praticate dalla nostra Madre in mezzo ad innumerevoli prove. Le virtù che risplendevano in lei erano in special modo una fede incrollabile, una pazienza inalterabile, una fiducia in Dio senza limiti ed una carità così ardente che nessun ragionamento umano sarebbe riuscito a frenarla.

 Di famiglia agiata, dava a tutti senza riserva e senza alcun calcolo, purché si trattasse della gloria di Dio e della salvezza delle anime.

  Appena tre anni dopo la fondazione dell’Opera dell’Adorazione Riparatrice, incominciarono le prime persecuzioni che le tolsero una buona parte delle sue sostanze. Ingiusti modi di agire l’allontanarono dalla sua opera fondata a prezzo di tanti sacrifici. Lungi dal perdersi d’animo, benediceva il Signore e lo ringraziava, perché si degnava di farla soffrire per suo amore, dando così al suo Istituto il suggello divino della croce.

 Quando poi, dopo molte fatiche e lungo peregrinare, riuscì ad aprire una seconda casa, il nemico raddoppiò gli sforzi, non solo per rovesciare la parte materiale della fondazione, ma per travolgere insieme con essa anche le anime che la componevano. Dodici delle sue figlie, rimaste fino allora fedeli, l’abbandonarono; così che rimase sola con due suore, una delle quali ero io”.

Per soddisfare a piccoli debiti, i nemici, approfittando della sua lontananza, vendettero all’asta mobilio, biancheria, arredi sacri, abiti religiosi, persino il corredo di noi due, sue figlie; non le restava assolutamente nulla, tranne le vesti che aveva addosso.

Ridotta in quello stato, cantava senza tregua la bontà del Signore, dichiarandosi felice più che mai, pregando per i suoi persecutori, esortando noi al sacrificio ed alla perseveranza. Era solita paragonarsi con gioia a Giobbe, si rallegrava nelle umiliazioni e con pazienza e rassegnazione attendeva il ritorno del Signore, cioè con una fede che sposta le montagne aspettava che Dio le restituisse i suoi beni, se tale fosse la sua volontà.

Molte persone potenti e nobili, testimoni di questi fatti sopra citati, l’esortavano a denunziare i suoi persecutori alla giustizia e le promettevano il loro aiuto, sicuri dell’esito felice della causa; che avrebbe potuto cioè, rivendicare la roba sua e la fama che le era stata tolta dai calunniatori; ma lei, sempre rassegnata ed allegra, rifiutava tali suggerimenti, preferendo piuttosto la sua completa rovina e il vivere elemosinando, anziché fare uno scandalo a danno della religione, chiamando in giudizio persone consacrate a Dio.

Le virtù che più risplendevano in lei:

una fede incrollabile, una pazienza inalterabile, una fiducia in dio senza limiti ed una carità così ardente che nessun ragionamento umano sarebbe riuscito a frenarla. 

E dire che in quel periodo la buona Madre era ridotta in tale stato di povertà che viveva del brodo di qualche osso e pochi centesimi di ritagli di carne erano il suo nutrimento per tutta la settimana. Nel letto non aveva neppure un cuscino e, per tenere un po’ sollevata la testa, metteva sotto il materasso lo scaldino. Intanto noi due, sue figlie, cercavamo di sostenerla con il nostro lavoro. In questo stato di estrema miseria e senza alcuna speranza umana, ella conservava un silenzio profondo, basandosi sul testo della Scrittura: Gesù era accusato e taceva.

Il suo coraggio aumentava a misura che si moltiplicavano le difficoltà, il suo spirito di fede animava tutto il suo essere, sperando contro ogni speranza nella buona riuscita della sua opera.

I parenti, vedendola ridotta in tale miseria, più volte le proposero di entrare come pensionante in qualche casa religiosa, ma lei, sdegnata di tali offerte, le rifiutava dicendo: “Voi credete che tutto sia perduto perché non ho più mezzi; ma non sapete che dove l’uomo finisce, lì Dio incomincia? E se mi togliessero anche la vita, non cesserei per questo di sperare in Lui”.

Durante i quattordici anni che ho trascorso con lei, l’ho veduta sempre calma, rassegnata ed allegra, anche nelle prove più dolorose. Il suo ritornello abituale era: “Fíat! Dio sia benedetto! Sia fatta la sua santissima volontà!” I suoi gridi di angoscia erano: “Sursum corda! In te Domine speravi: non confundar in aeternum!” E ripeteva frequentemente: “Dio è il mio Maestro: Egli può togliermi la salute, le sostanze, l’onore, tutto; ma finché sento il mio cuore acceso dell’amor suo, la mia fede e il mio coraggio sono pronti ad affrontare nuovi combattimenti. Un soldato fedele non abbandona il suo posto nell’ora del pericolo!”
L’ho vista trattata da pazza, da vagabonda, da avven-turiera, ma neppure una parola di difesa o di lamento sfiorava le sue labbra, pregava e, quando questi affronti erano fatti da persone ecclesiastiche, s’inginocchiava umil-mente implorando la santa benedizione.

Parlando qualche volta con persone di fuori e cercando di dire qualche parola sulle prove subite, mi sentivo rispondere: “Ma vi rendete conto, la vostra Madre è una santa!”

(Virginie Vivier)